mercoledì 3 ottobre 2012

Un omaggio a Mirella Galletti

Ho appreso oggi, con sorpresa e dolore, che è da poco scomparsa Mirella Galletti, deceduta a Roma il 4 settembre.  L'avevo conosciuta qualche anno fa, quando insegnava, a contratto, presso la facoltà di Scienze della Formazione all'Università di Milano-Bicocca. Era una persona di rara competenza, e estremamente appassionata del mondo che costituiva il suo ambito di studio: quella vasta area tra Turchia, Siria, Iraq e Iran dove vivono, insieme a molte altre etnie, i Curdi. E lei dei Curdi sapeva tutto, si teneva informatissima, e partecipava con grande impegno e sensibilità alle vicende di questo popolo e di tutte le comunità della regione.
Anche se in definitiva ci siamo frequentati molto poco, quando ci capitava di incontrarci ci intendevamo senza problemi, forse anche per via di diverse caratteristiche che ci accomunavano, da una certa marginalità accademica (è incredibile che una persona come lei fosse ancora "ricercatrice", al gradino più basso della carriera) alla passione che portava entrambi ad un impegno anche "extra-universitario" a favore delle popolazioni studiate, minoritarie e marginalizzate nella loro stessa patria. E ricercando nella corrispondenza che ci eravamo scambiati, ho ripescato un messaggio del 13 dicembre 2005 in cui mi rendeva partecipe di una lettera, spedita a due quotidiani ("Corriere della Sera" e "La Stampa"), in cui si lamentava del disinteresse dei media italiani per tutte le iniziative democratiche nelle regioni curde. Sembra la replica delle mie "lettere aperte", spesso non pubblicate, molte delle quali riportate in questo blog.

Credo quindi di fare un omaggio alla sua memoria pubblicando qui quella sua lettera, con quel suo invito, ancora tanto attuale, a dare spazio nell'informazione ad "una società civile che cerca nuove strade per la convivenza" in un mondo per troppo tempo in preda alla violenza e alla sopraffazione. Mai come in questi giorni se ne sente il bisogno.

Per la prima volta in Iraq e forse nel Medio Oriente un convegno su "Democratizzazione del Medio Oriente: ostacoli e prospettive" si è svolto a Erbil, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, il 19 e 20 novembre scorso. L'iniziativa è stata promossa dall'Institut Kurde de Paris e dal ministero della Cultura della Regione autonoma del Kurdistan iracheno. Vi hanno partecipato una cinquantina di studiosi e parlamentari europei e nordamericani, esponenti curdi di tutte le aree del Kurdistan e della diaspora, alcuni ministri e personalità delle varie comunità presenti in Iraq.
   Il convegno si è svolto sotto l'egida delle massime autorità istituzionali in una sala del Parlamento curdistano. Il presidente del Parlamento Adnan Mufti ha aperto i lavori, a chiusura il gruppo degli invitati è stato ricevuto dal primo ministro Nechirvan Barzani e poi dal presidente della regione curda Mas'ud Barzani.
   È palpabile la tensione della società curda verso una propria definizione e su come utilizzare gli strumenti presenti nelle democrazie contemporanee per ricomporre i conflitti politici, sociali, etnici e delle varie comunità. Hanno suscitato interesse le esperienze autonomistiche del Quebec in Canada e della Catalogna in Spagna, e la formazione dello Stato nazionale italiano tra centralizzazione e federalismo.   Non è improprio accomunare la Regione autonoma del Kurdistan iracheno al Piemonte durante il Risorgimento. Nelle varie città si susseguono festival letterari e musicali con la partecipazione di curdi provenienti da tutte le aree del Kurdistan e della diaspora.   Nel Kurdistan iracheno le lingue di insegnamento sono: arabo, aramaico, curdo, turcomanno. E' quindi un'area di incontro tra i vari mondi culturali della regione mediorientale.   Simbolo della nuova realtà la bandiera curda, l'unica a sventolare nel Kurdistan controllato da Barzani che con un'ordinanza ha vietato l'esposizione della bandiera irachena, percepita da curdi e cristiani come il simbolo della tirannia di Saddam. Invece nell'area di Sulaimaniya controllata da Jalal Talabani, presidente dello Stato, le due bandiere sono sempre appaiate.
   Mi sembra importante parlare degli sforzi del popolo iracheno, e di tutte le sue componenti curda, turcomanna, cristiana e araba per risollevarsi e darsi un nuovo modello, con tutte le inevitabili difficoltà e contraddizioni. Mi sembra riduttivo, parlando di Iraq, soffermarsi solo su attentati e processo a Saddam. C'è una società civile che cerca nuove strade per la convivenza. Perché non viene dato spazio anche a questa realtà?
Grazie per l'attenzione
Cordiali saluti
  Mirella Galletti


Docente a contratto all' Universita' di Napoli "L'Orientale"
Autrice di:
- Le relazioni tra Italia e Kurdistan, [Roma], Istituto per l'Oriente C.A. Nallino, 2001, pp. 223 ("Quaderni di Oriente Moderno", XX [LXXXI], n.s., 3).
- Mirella Galletti con contributi di Alessandro Mengozzi, Cristiani del Kurdistan: assiri, caldei, siro-cattolici e siro-ortodossi. Introduzione di Franco Cardini, Roma, Jouvence ed., 2003, pp. 336.
- Storia dei curdi, Roma, Jouvence, 2004, pp. 404.

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