mercoledì 14 agosto 2013

"L'uomo di amekessu": un libro diverso dal solito e che vale la pena di leggere

È uscito in italiano L'uomo di amekessu.
Un romanzo, in gran parte autobiografico, che illustra, attraverso le vicende di un ex amministratore coloniale francese, la situazione dei tuareg Kel Adagh a partire dagli ultimi anni della colonizzazione fino a dopo la creazione del Mali
indipendente, uno stato in cui  gli antichi padroni del deserto sono sempre stati emarginati o addirittura perseguitati e contro cui hanno a più riprese cercato di ribellarsi.

L'ultima rivolta, che ha visto la proclamazione dell'indipendenza dell'Azawad, è tuttora in corso. Il libro ha quindi anche un certo interesse per l'attualità, dal momento che aiuta a capire i retroscena e le radici lontane di questa sollevazione, ma non è un freddo saggio di storia contemporanea. Al contrario, si presenta come un romanzo d'amore, oltretutto molto ben scritto, che segue le travagliate vicende del legame che questo funzionario ha conservato per tutta la vita con una donna tuareg da lui "sposata" quand'era in servizio nel deserto.

È molto bello come brano di letteratura e in più aiuta a vivere quasi "dall'interno" il senso di tradimento
da parte della Francia che il popolo tuareg ha vissuto da cinquant'anni a questa parte. Attraverso le vicende di Paul emerge quella vera e propria schizofrenia che in epoca coloniale era assai diffusa presso chi si dedicava con autentica passione a prestare servizio nelle colonie. Da una parte, i luoghi, le persone, la lingua, le usanze e i modi di pensare diversi esercitavano un'attrazione invincibile che portava alcuni, come il nostro protagonista, a cercare di immedesimarsi nelle popolazioni amministrate, fino al punto di volersi creare una famiglia con donne del posto; dall'altra parte, però, il lealismo verso il proprio paese di origine non veniva per questo dimenticato, e in ultima istanza finiva per prevalere quando si imponeva una scelta tra uno o l'altro dei due mondi. 

Tutto il libro è percorso da queste sensazioni ambivalenti. Era un mascalzone, Paul, che abbandonava così facilmente Lawa, la moglie tuareg, quando tornava in patria e si fidanzava con giovani conterranee? O era un infelice, costretto dalla vita a scelte troppo difficili e in ogni caso insoddisfacenti? Quasi per scaricarsi la coscienza, l'autore sottolinea a più riprese che il protagonista era sincero quando pensava in un certo modo o prendeva certe decisioni, di volta in volta incoerenti o addirittura antitetiche. E forse non aveva tutti i torti. Era tutto quanto il mondo coloniale che, strutturalmente, implicava questa schizofrenia.

Al di là del valore documentario di un'epoca, come detto, il romanzo è anche uno splendido pezzo di letteratura. La vicenda viene descritta con grande abilità e in modo da appassionare il lettore, che finisce per immedesimarsi nelle vite dei protagonisti, e non può fare a meno di seguire fino alla fine questa curiosa epopea moderna divisa tra due continenti. Le descrizioni dei luoghi e dei personaggi sono molto precise e ricche di dettagli, sia quando si descrivono gli aspri paesaggi del deserto ed i personaggi che lo abitano, sia quando si soffermano su scene di vita quotidiana nella campagna francese o nella città di Parigi.

Alcuni elementi del romanzo vengono caricati dall'autore di un forte valore simbolico.
Amekessu, che ritroviamo nel titolo, è il nome di un periodo dell'anno presso i tuareg. Si tratta della stagione che precede immediatamente l'arrivo delle piogge. La vicenda si apre e si chiude, a distanza di decenni, sempre in quella stagione di "attesa". Anche metaforicamente, la storia di amore tra il funzionario francese e la donna tuareg si svolge in quel periodo "di attesa" tra la fine della colonizzazione francese e l'amara stagione dell'indipendenza. E quando, distanti ma sempre in contatto attraverso conoscenti comuni, i due si mandano dei bigliettini in tifinagh, ciascuno di loro chiama se stesso e l'altro "uomo di amekessu" (awadem n ămekessu: "uomo" nel senso di essere umano, figlio di Adamo, non nel senso di maschio).
"Nel tempo di amekessu ognuno guarda il cielo per scoprire le prime nuvole, ancora in forma di sottili filamenti bianchi e isolati, che annunciano le precipitazioni da cui il suolo sarà fecondato. Ognuno annusa l’aria per sentire un vento appena più fresco ma già carico d’umidità, con un nome dolcissimo, come accarezzato dalle labbra di chi lo nomina: elehe. Questo vento annuncia l’arrivo a nord, a sud, a est o a ovest, della pioggia e la fine della stagione della fatica e della fame".
Un altro simbolo piuttosto evidente è la scelta del nome, Marie-Anne, della moglie francese che per gran parte della vita competerà a distanza con Lawa, la donna tuareg: la Marianna è infatti la personificazione della repubblica francese. "Paul tentennò a lungo tra l’amore per l’Africa e la fedeltà allo Stato. Alla fine (...) scelse di restare negli uffici statali francesi." E il matrimonio con Marie-Anne, che durerà per il resto della vita, pur con punte nostalgiche e sporadici contatti epistolari con Lawa, suggellerà la scelta finale a favore della sua madrepatria.

Non c'è dubbio che in tutto il romanzo il protagonista assoluto sia Paul, attraverso i cui occhi tutto viene visto e giudicato. Ma, pur con mille reticenze e omissioni, anche la figura di Lawa, la moglie tuareg, madre inconfessata di un suo figlio orgoglioso resistente, non può lasciare indifferente il lettore. Lei non è un evento casuale nella vita di un francese in Africa. Non è la creatura selvaggia che solleticava la fantasia dei colonialisti superficiali e razzisti alla Montanelli. Nei suoi silenzi e negli atteggiamenti sempre misurati fa capire molto bene quanto essa stessa viva profondamente e con consapevolezza di tutte le sue contraddizioni la propria avventura con quest'uomo così diverso, così infantilmente entusiasta e insincero, esponente di un potere cui il suo popolo è sottoposto, ma cui ella accetta volontariamente di accompagnarsi. Nella sua misurata dignità, nell'orgoglio che traspare in ogni suo atteggiamento, anche nella rassegnata accettazione di eventi e comportamente sgradevoli, Lawa personifica nel modo migliore l'atteggiamento dell'eroico ed indomito, anche se spesso vilipeso e sopraffatto con la violenza, popolo tuareg.

Insomma, un libro diverso dal solito e che vale la pena di leggere. 

 [Per saperne di più: presentazione del libro in una libreria di Firenze (18-10-2013)

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